04/11/14

Mal di terra

di DANIELE LA MONACA
La costa di Bosa vista da Mirko Ugo

Secondo i dizionari il mal di terra è una “sensazione di malessere, squilibrio e stordimento dovuta al fatto che il sistema visivo e quello vestibolare devono riaccoppiare le informazioni ottenute dall’ambiente circostante dopo aver trascorso un determinato periodo in mare”.

Per me, il mal di terra significa molto più di questo. Significa orizzonti spezzati, dove il sole è costretto ad un interminabile nascondino fra blocchi di cemento; significa sostituire al respiro profondo del mare l’ansioso singhiozzo dei clacson e al soffio leggero di un delfino il sudicio tossire delle macchine.


Quando arriva la notte, vado ad affacciarmi alla finestra credendo di poter ammirare ancora mille costellazioni e invece mi trovo di fronte ad un velo sfocato e offuscato dalla luce dei lampioni. Allora, deluso, decido di andare a dormire, ma sotto le lenzuola mi sorprendono i ricordi della mia infanzia. Durante i mesi invernali, nella mia ormai lontana Sicilia, cercavo con la fantasia di ingannare la nostalgia del mare costruendo rudimentali canne da pesca e calavo la lenza nella cesta dei giocattoli oppure trascorrevo ore ed ore nella vasca da bagno giocando con pesci e delfini di plastica per rivivere i ricordi estivi. Passeggiare lungo la riva del mare era una magra consolazione, perché io quelle onde volevo cavalcarle. Così, adesso, mi rendo conto che questa sensazione non è affatto nuova per me, ma ora che non sono più un bambino, cosa posso inventarmi per restare attaccato a quell’immensa distesa blu?

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